mercoledì 1 agosto 2007

da non esperto...


...di cinema. Meno che mai di cinema francese. Meno che mai di Claude Chabrol.
All’inizio sembra fosse un perfezionista, sono parole sue, attento ad ogni dettaglio. Ma questo lo portava inevitabilmente ad accumulare ritardi, dubbi, e a poco a poco a restare imprigionato in preoccupazioni che finivano in definitiva per immobilizzarlo.
Così, un giorrno, la risoluzione di non permettere che “ossessioni” di questo genere prendessero il sopravvento su un’idea. La decisione di seguire fino in fondo un’ispirazione balenata all’improvviso, poco importa il sottobosco dei come, nella consapevolezza che l’opera con la O maiuscola, perfetta e appagante, non sarebbe in ogni caso mai potuta arrivare.
Quello che conta non era più creare un film, ma dare un senso alla propria opera vista nell’insieme, un po’ come Balzac e la sua Commedia Umana, in cui il singolo romanzo trova un significato come parte di tutta una ricerca, a volte un po’ informe o sfuocata, che si definisce facendosi. Di più, quello che conta non è nemmeno riuscire a dare vita a una prospettiva, ma l’averci provato, onestamente.

Sarà, ma personalmente continuo a preferire film più “pensati” e “finiti”, dove l’idea iniziale sedimenta, evolve e si cristallizza più lentamente, e una volta fissata in una pellicola continua a mutare comunque, nelle persone che la guardano nel tempo.
Riconosco che fa tutto un po’ parte della mia diffidenza verso gli autori-industrie, di libri o cinema o musica, e riconosco che non si contano le eccezioni, ma guardando La cérémonie o Le boucher non posso fare a meno di vederci talento diluito, e di rimanere con un’aspettativa insoddisfatta.

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