lunedì 27 aprile 2009

volto del tempo


Poco fa ho spento tutte le luci, ho aperto la finestra e mi sono affacciato a guardare. Il palazzo di fronte ha due stanze illuminate, e seguendolo con lo sguardo si rastrema nelle sue file regolari di davanzali e cornici, fino a terminare solo un po' più in là nella grande cupola che rischiara il cielo come isolata.
Ho sentito l'accogliente silenzio della pioggia che cade solitaria sui ciottoli e nelle pozzanghere, scivola nelle grondaie e sulle foglie dei balconi, e ho sentito forte la mancanza di qualcuno con cui parlare la sera, con cui ascoltare questo silenzio senza fine.

Sono andato nell'altra stanza e ho preso un libro, perché mi piaceva l'idea di averlo vicino. Si chiama BN 194, è una raccolta di ricordi di famiglia, 194 fotografie e carte varie in bianco e nero che si susseguono nelle pagine, senza testo. Solo un piccolo albero genealogico e le didascalie.
L'ho sfogliato senza ordine, perché la vita non ha trama, e ho ricordato quando l'autore me ne ha parlato, e mi ha detto di essersi divertito.

Mi piace restare al buio ancora un altro po', intuire i contorni degli oggetti nella stanza e sentire il profumo dell'aria umida e pungente da fuori.
Tra poco accenderò una luce, e aprirò un altro libro.

sabato 25 aprile 2009

primo sole


Stavo leggendo un libro in cui si dice che una donna, per scrivere letteratura, deve avere per sé denaro e spazio sufficienti, quando davanti a me sono passate due signore, un'anziana su una carrozzella, vestita con una giacca imbottita invernale, e l'altra che la spingeva sul lastricato di mattoni. Questa parlava a voce alta, un po' all'anziana che non intendeva e un po' a se stessa, e ringraziava di aver ricevuto il lavoro, e affermava che quando si chiede si viene ascoltati, sempre.
Io ero seduto su una sedia al sole, sedia che avevo trovato abbandonata sotto il portico e avevo spostato un po' in là nella piazza deserta. Il sole scaldava e abbagliava, e mentre alzavo di poco gli occhi pensavo che dopotutto era ben poca cosa, quanto la badante aveva ricevuto. Ma intanto le due signore si erano allontanate, e io ero fermo. Avevano raggiunto l'ombra dal lato opposto della piazza, e scomparivano dietro i vasi di piante e qualche macchina immobile. E allora ho creduto che forse lei ne sapeva più di me, e che non c'era motivo di non credere alle sue parole.
Poi, dal transetto della chiesa sono sfociati dei turisti vocianti, che hanno ammirato il silenzio e gettato uno sguardo sull'unica persona intorno, apparentemente seduto a leggere un libro su una donna e la letteratura.

Una parentesi.
A volte, passare dei giorni vicino a una persona mi serve per contemplare in lei e ricordare a me stesso modi e atteggiamenti da cui tenermi lontano: in un certo senso, mi indispone e mi rassicura allo stesso tempo. Questo è quanto ho pensato ogni giorno nel corso del mio ultimo viaggio.
Ma di ritorno, i pensieri sono occupati da un rimescolamento interiore, dalla sensazione di essere uno strumento di dolore e sofferenza.

lunedì 13 aprile 2009

nuove impressioni


Ho preso la decisione di scrivere di quello che è successo per assimilare l'errore che ho fatto venerdì (o è stato giovedì?). Un errore che mi è balzato agli occhi domenica, il giorno di Pasqua, mentre la sera dopo cena mi lavavo i denti. Guardandomi di sfuggita nello specchio, senza che stessi pensando a nulla, meno che mai al lavoro, ho trovato l'errore. Nel tumulto delle cose, era riuscito a passare inosservato, a mimetizzarsi senza farsi notare, e non dev'essergli stato così difficile, per la verità. Una volta riconosciuto, però, non mi ha dato più pace, è un pungolo che tormenta i pensieri e riappare ogni volta che non ho altro per la testa.
Non ho scelta, devo aspettare il domani, e sperare di poterlo osservare tramite una lente che lo rimpicciolisca e lo dimentichi con una scrollata di spalle o un sorriso leggero.

In questo weekend, ho sentito nell'ordine l'indifferenza, il timore di ferire, la sensazione di far passare il tempo, l'impressione di essere nel bel mezzo di un grave errore, il fermo proposito di, il soffio variopinto del parlare e quello avvolgente del silenzio.
Ho steso una nuova lista di prossime letture, ma con il tempo scopro che la lista si dilata, e di questo sono molto contento.
Ho scoperto che la casa dei genitori di un'amica non esiste più, e ho appuntato mentalmente la cosa quasi come un fatto accaduto fra gli altri, e di questo ho molta paura.
Sono ripreso a tratti dalla mia ansia di fare, e a volte anche dall'impressione che manchi poco alla partenza, verso dove non so, e di questo credo di essere contento.

mercoledì 1 aprile 2009

nel passato


Come in un negativo che si sviluppa, volti remoti ricompaiono in questi che mi circondano: gente sparita dalla terra e dalla memoria, gente dissolta nel nulla, e che invece si ripete senza saperlo nelle generazioni, in una eternità della specie, di cui non si comprende se sia il trionfo della vita o il trionfo della morte.

Mentre Salvatore Satta terminava il suo primo e unico libro, nevicava. Una neve leggera che si posava sulle vie e sugli alberi come il tempo sopra tutte le cose, e che tutto avrebbe reso uguale. Un po' come se, visti dall'alto, tutti si confondano in una moltitudine informe e indistinta, dove il singolo perde davvero ogni valore e la vita è un puro fatto di quantità.
Ma non è solo questo: è che veramente, senza saperlo, noi siamo l'ombra di chi ci ha preceduto, personaggi di un romanzo storico che percorre come per la prima volta strade già battute. Qualche giorno fa, ho voluto contrassegnare a me stesso alcune tappe di questo percorso, per ricordare e rassicurarmi, e ho segnato alcune date importanti, come il 28 febbraio 1909, il 12 gennaio 1996, l'8 marzo 1966, il 17 marzo 2008.
Mi sono anche detto che mi sarebbe piaciuto sapere che tempo faceva il giorno della mia nascita, perché saperlo avrebbe voluto dire distinguere veramente quel giorno da ogni altro, toglierlo dall'indistinta lontananza in cui si trova, come quando si dà un nome a un oggetto e questo diventa unico e familiare, e ho scoperto che la temperatura media di quel mese era 23,1 °C, la più alta di tutto l'anno e per molti mesi e anni ancora.