venerdì 31 luglio 2009

canzone al buio



I'm lingering, I'm lost
I'm floating nowhere like
A wasp in October
Summer's over and done

These empty dreams of mine
Are out of place and out of time
Is just a grain of sand for me

Seasons change
Memories fade
Daydreams fall like golden leaves

Another day
I'm watching dreams just slip away
The summer moon
Gives way to autumn's dusky bloom
Seeds I've sown
Are almost spent, I'm here alone

Wandering I roam
Beneath the half light of forgotten sunsets
Searching for my home

Inside this lonely place
I'm chasing shadows like a wasp in October
Fading in the wind

Seasons change
Memories fade
Daydreams fall like golden leaves

Um dia de mas
Meu sonho desapareceu
Lua no céu
Rio da noite, coração
Sozinha aqui
Você não lembra mais de mim

Another day
I'm watching dreams just slip away
The summer moon
Gives way to autumn's dusky bloom
Seeds I've sown
Are almost spent, I'm here alone

lunedì 27 luglio 2009

invenzioni


Mio Dio, mio Dio! Da tanto tempo desideravo cominciare uno scritto con questa inutile invocazione. Ed ecco, almeno questo avrò fatto.

Mi si diceva che bisognerà che trovi un legame fra i libri, che sarebbe meglio ci fosse un filo rosso a legare le letture fra loro. Io non sono d'accordo (ma forse un filo rosso c'è, anche se non è detto che qualcuno sappia riconoscerlo, me compreso).
Sta di fatto che, prima di iniziare una nuova lettura, volevo riportare una citazione dell'ultimo libro che ho letto, breve ma estenuante, barocco e intricato. Una lingua quasi antica nel suo timbro ricercatissimo, imbevuta di termini ritrovati da un mondo passato. Una specie di diario che non racconta nulla, ma che divaga e inventa, e divagando e inventando racconta chi scrive.

M'annoio, lettore. Se qualcuno si darà un giorno la pena d'esaminare il presente manoscritto vedrà che la sua prima lettera è tracciata con somma cura: un'iniziale da calligrafo che m'aiutò a passare un paio di minuti della mia vita.

domenica 19 luglio 2009

"io non cerco, io trovo"


Vale la pena accorgersi che ogni momento passa?
Durerà il tempo di un pomeriggio, mi dicevo, quel cielo pulito dal temporale, umido e trasparente. Dai finestrini del treno, vedevo montagne a destra e sinistra, nitide e vicine, e passando del tempo ad osservarle mi accorgevo di quanto fosse un evento raro.
Leggevo intanto come John Cage, per poter comprendere il silenzio e la sua essenza, si fosse fatto chiudere in una camera anecoica, e avesse scoperto che, in assenza di qualsiasi rumore esterno, sentiamo quantomeno il flusso del sangue nelle vene e il battito che lo guida. Distogliendo gli occhi dalla pagina e dalla sensazione di fragilità che mi dava, ricordavo il suono stridente e attutito dell'avanzare di una lumaca su una foglia, che avevo visto ne Il pianeta azzurro, un suono ugualmente impercettibile ma reale.

Di nuovo, fra questi pensieri avevo la sensazione che non ci fosse un motivo vero e forte per cui ero in viaggio, e forse non avrei saputo rispondere a chi mi avesse chiesto perché. Mi sentivo al mio posto, ma non me lo sapevo spiegare, e non capivo nemmeno se dopotutto un posto ne valeva un altro.
Non so per quale ragione, non mi riusciva nemmeno di dare peso a queste domande, e ho continuato a leggere e a guardare il paesaggio dando solo l'impressione di essere assorto.

Stasera vorrei addormentarmi con il suono della pioggia, che mi ricorda il passato ed è lo stesso sottofondo del rumore del sangue che scorre nelle vene, ma non ci sarà. Ancora per un po' saliranno delle voci isolate dalla strada, fuori dal bar. Se non chiuderò gli scuri potrò guardare un pezzo di cielo mentre mi addormento, ma la luce robusta della mattina mi sveglierà troppo presto.

martedì 14 luglio 2009

il sole in fronte


A ben vedere da sempre, il suo legame con il mondo fu dei più labili. Non giunse mai a stabilirsi da nessuna parte, mai poté disporre di qualcosa di suo, fosse pure l'oggetto più insignificante. Non ebbe mai una casa né mai abitò a lungo nello stesso luogo, di arredi suoi non ne aveva - non solo uno - e, quanto al guardaroba, era fornito al massimo di un abito buono e di quello per tutti i giorni. Perfino di ciò che occorre ad uno scrittore nell'esercizio del proprio mestiere, non c'era praticamente nulla che egli potesse dire suo. In fatto di libri non possedeva, credo, nemmeno quelli scritti da lui. Ciò che leggeva, di solito lo prendeva in prestito. Anche la carta su cui scriveva era di seconda mano. Così sprovvisto come fu in vita sua di ogni bene materiale, altrettanto distaccato si mantenne dai suoi simili.

Sono stato contento di aver ricevuto (anch'io in prestito) il libro da cui vengono queste parole, e di averlo letto stasera stessa al tavolino illuminato dal lampione, nel tempo di una birra fresca nella densa afa della sera.
Nell'infinita distanza che separa ognuno da ogni cosa al di fuori di sé, sono sempre attirato dal modo di essere di Robert Walser, così estraneo al mondo nella sua malinconica follia. Negli anni di Berlino, delle ambizioni letterarie, c'era in lui l'eccentricità e lo slancio di chi si getta a capofitto oltre le cose. Poi credo che sia cresciuta la convinzione che esisteva già in silenzio prima di tutto, il senso di inevitabilità di ogni cosa, l'assenza e il ripiegamento su se stesso fino a scomparire.
Mimetizzarsi fra le cose, dare loro un'anima perché i sentimenti sono profondi là dove si accostano a quello che c'è di più effimero. Affacciarsi sulla scena con delicatezza, sopportare il peso del nulla come quanto di più umano sia dato sentire.
Confesso però che a volte la lettura delle sue pagine mi è riuscita sbagliata, non per le raffinate acrobazie verbali dei primi libri ma per la mia difficoltà a riconoscere questa sua umanità nelle parole. Sono sicuro che verrà il tempo.

mercoledì 1 luglio 2009

sera cronica


Credo che una delle delusioni più grandi sia quella del momento in cui si comprende che la propria sarà un'esistenza ordinaria. La comprensione netta che ogni cosa tenderà a ripetersi mascherandosi nella fretta e nell'indolenza. E anche, che ogni cosa è sempre quell'unica cosa, che tutto è già iniziato da un pezzo e resterà lasciato a metà. E soprattutto, che di tutto questo non sembra esserci un motivo preciso.

Sto leggendo il primo dei racconti di una raccolta intitolata Cinema naturale, in cui il protagonista non riesce a raccontare nulla perché durante il suo viaggio non gli riesce mai di trovare una penna.
Dal cinema ci sono tornato proprio ora, dove ho visto un film che mi ha incuriosito e deluso allo stesso tempo, Il mondo di Horten; mi sono sembrate tante idee vivaci, che mi hanno ricordato Il poema dei lunatici, lasciate a mollo però in un sottofondo come tanti altri.
A volte vorrei vivere in un poema, credo che mi piacerebbe molto.

Forse a ben vedere ogni esistenza è ordinaria, e la nostra sarà solo ordinaria fra l'ordinario.