venerdì 19 dicembre 2008

lettera trovata in un foglio ripiegato, in un vecchio libro di favole


Sono le 8 e mezzo passate, nell'ultima ora mi accorgo che ho parlato da solo, a voce bassa, con gli occhi chiusi sul divano, immaginando di averti di fronte. Come mi piace ascoltare la tua voce, così era bello poterti parlare proprio in quel momento, senza pensare ad altro. Così, mentre negli ultimi giorni, come ti dicevo un pomeriggio, le ore mi sarebbero sembrate anni, ora quest'ora mi è sembrata un istante. Non so se leggerai mai questo foglio, e non c'è un motivo preciso per cui lo scrivo, ma soltanto mi fa stare bene. La colonna sonora di questi giorni per me è stata quella che sto sentendo ora, e che non smetterei mai di sentire, è delicatezza e forza allo stesso tempo, è l'Appassionata di Beethoven, che ha anche il mio numero, come la luna. Ricordo che l'altra sera, camminando dopo il cinema, mentre mi scrivevi e ti scrivevo, la stavo ascoltando, e mi sembrava che assecondasse i miei sentimenti. La ascoltavo al massimo del volume, perché mi piaceva esserne stordito, e mai come in quel momento avrei voluto suonarla io stesso, credo che l'avrei fatto senza smettere mai. Se c'è una cosa che voglio dirti è che ho scoperto in questi giorni di volerti bene, una sensazione semplice di stare bene e di non sentire la mancanza di nulla. Credo che questo, che scopro ora mentre ti scrivo, sia la cosa più bella, forse, di tutto ciò che accade: il sentimento del non sentire la mancanza di nulla, vicino ad un'altra persona. Forse dice tutto, e non c'è bisogno che aggiunga altro. Ma la musica sta continuando, ed è bello continuare a scrivere mentre la ascolto... Adesso sto sorridendo, mentre ti penso. A volte mi capita, inconsciamente, di immaginarti vicina mentre scrivo, leggo, bevo una tazza di tè... credo sia perché mi piacerebbe che ci fossi, perché sono sicuro che la tua presenza mi darebbe quel tepore e quella sottile bellezza, non riesco a trovare le parole, ma è qualcosa che viene dal profondo, e che è bello sentire affiorare. Se ripenso a tutto, a volte ho la sensazione di aver solo conosciuto, intuito qualcosa che poi è scomparso con la stessa velocità con cui era arrivato. I miei pensieri, le mie sensazioni non hanno avuto il tempo di rendersene conto, e ora ne sentono già la mancanza. Freddamente parlando, sono contento che sia finito così in fretta, che questo qualcosa non abbia avuto il tempo di crescere dentro di me, se questo era il suo destino. Sai, io ci avrei provato, a vedere cosa succedeva a questo qualcosa. Tante cose sono possibili, la situazione per te era ed è così complicata, chissà che forse io sia stato soprattutto un campanello d'allarme dovuto a tante cose, chissà in un'altra vita, comunque sì, io ci avrei provato. E ora, vederti ogni giorno e non poterti stringere quando voglio mi fa un effetto strano, che non so ancora descrivere, e che forse è legato alla mia insicurezza, la stessa che mi fa dubitare di molte cose, soprattutto di me stesso, della paura di non contare per chi mi sta attorno e considero speciale. Ci ripenso, e mi sembra così strano che certi momenti non si possano ripetere, è come quando mi scrivevi che hai l'impressione che le cose ti sfuggissero di mano come l'acqua che scorre fra le dita senza che possa riuscire a fermarla, neanche per un attimo. Quello che si può fare, forse, è solo ricordare, senza poter essere consolati di una mancanza che non si può riempire, e portare con sé questa pesante assenza cercando di affrontarla con il più possibile di serenità. A volte mi sembra un compito così difficile. Forse per te, paradossalmente, potrà essere d'aiuto la presenza di Matteo, e spero che le cose possano davvero aggiustarsi, se è così che deve andare. Ognuno ha sofferto in questo, per nessuno sarà facile. Io tornerei indietro in ogni momento, e rifarei ogni cosa, e non baratterei un bacio con la sofferenza di oggi e dei giorni a venire. Eppure, se penso a come andranno le cose, non posso fare a meno di provare un senso di amarezza, di malinconia, un qualcosa che dentro di me, in fondo in fondo, sento essere non a posto, e che credo resterà. Forse quel senso di non aver potuto mettermi in gioco veramente. È come se, oltre alla tua mancanza, ci fosse anche questa, con cui fare i conti, e sono due strapiombi profondi davanti a me. Durante queste righe mi accorgo di aver cambiato umore troppe volte, e forse di avere anche mostrato alcuni lati di me che non amo, ma che ci sono nel profondo, come l'egoismo e molti altri ben peggiori. Perdonami. Queste sono solo una piccola parte delle cose che ti direi se potessi, tenendoti le mani o accarezzandoti il viso. Te le direi sottovoce, sussurrandotele con gli occhi chiusi o forse guardandoti negli occhi, e proprio perché non ti posso mentire, ti direi ogni cosa così come la sento, complicata e semplice allo stesso tempo, lieve e silenziosa come te, forse con un sorriso bagnato dalla pioggia di un giorno di sole come te. Ora, vorrei ballare nel sole, sentire la sua luce e il suo calore su di me, respirarlo e respirare il suo profumo e riconoscerlo con gli occhi chiusi, il tuo calore e il tuo profumo. Chissà cosa ti direi. Ora ti dico di non rispondere a queste righe, perché sono state scritte per me stesso, soprattutto, anche se traboccanti di te, nei miei pensieri.

lunedì 15 dicembre 2008

con te non posso mentire..


Non si può raccontare un calore che trabocca, e la sensazione di benessere che avvolge.

Mi è capitato di scegliere un libro leggendo la sua dedica. L'autore è nato nel '38, ha settant'anni: "Lieto di concludere (suppongo) con l'Editore con il quale avevo esordito; grato a C. G. che l'ha propiziato". Sono rimasto colpito di fronte a un inizio come questo, che sia profondità, ironia, o indifferenza.

Non si può immaginare un tepore leggero e profumato, o la voglia di restare dentro un momento.

Non ho letto tutto il libro, per me è troppo tecnico, è un breve saggio per studiosi, per specialisti, e non mi ci ritrovo. Però, ho avuto l'impressione che si possa affrontare un argomento con un'onestà che deriva dalla consapevolezza e forse dall'età, dal fatto di avere la propria vita già scritta, visibile e spiegata davanti a sé. Quello che è fatto è fatto. E non si vuole rivoltare il mondo o restare nei libri di storia della filosofia, soltanto dedicarsi al proprio lavoro con intima onestà, una specie di senso del dovere al di sopra di ogni ambizione o illusione.

Non si può pensare alla paura di perdere qualcosa che non si ha.

Nessuna introduzione, nessun ringraziamento e nessuna prima persona invadente, meno che mai nelle note. Soltanto una ricerca, un contributo senza pretese, che riporta fra l'altro molti brani dai filosofi che tratta, sempre messi di fronte al problema del conflitto fra fede e ragione che li porta ad essere ognuno, a modo suo, onesto per quanto possibile:
Dell'immortalità dell'anima, io sono persuaso dalla fede, in quanto cristiano; ma non ne sono convinto - lo confesso - in quanto filosofo. Si vuole che lo sia? Mi si diano delle dimostrazioni; ... anche se non aggiungerebbero niente alla credenza che già ho... Se si accusa me, si devono accusare tutti; perché non c'è nessuno, penso, che non trovi nella religione delle cose palesemente in contrasto con la ragione e con i sensi. È questo a rendere necessaria la fede, e a costituire il merito del credere.

Non si può, sentire la mancanza della tua voce.

Così, ogni cosa perde a poco a poco il proprio senso. Alla fine del libro, cosa resta? Non resta nulla, se non il piacere e il privilegio di aver potuto dedicare il proprio tempo a una parte di sè, perché si scrive soprattutto per se stessi.

Con te non posso mentire.. ed è per questo, che non ho niente da dire.

giovedì 11 dicembre 2008

casa quanto ci stai, terre quante ne vedi


Martedì sera, chiudendo gli scuri della finestra della camera, ho notato che il cielo era coperto da uno spesso strato di grigio, carico di pioggia e di nebbia, molto diverso rispetto a quella trasparenza di cristallo del giorno prima, in cui si vedevano benissimo anche le stelle meno luminose.
Poco prima avevo finito un libro di Alda Bruno, La casina, la casa, le cose, ed ero stato contagiato dal senso di lenta calma che mi aveva trasmesso, quasi una nostalgia per un mondo che non esisteva più. Il primo pensiero, già mentre lo leggevo, mi ha fatto apprezzare la naturalezza con cui le parole accompagnano il digradare del mondo della nobiltà e delle ricche famiglie siciliane verso la contemporanea uguaglianza sociale, leggi appiattimento. Ma tutto questo languore ed eco di storie lontane mi ha fatto anche riconoscere il talento di chi scrive, capace di ricreare attorno a una trama di fatti esili e sparsi un'atmosfera densa, che resta profondamente addosso a chi legge. Soltanto una persona che appartiene a questo mondo poteva descriverlo così bene, leggera e ricca allo stesso tempo, una persona che ci ha vissuto e ne è rimasta impregnata.
Non sarei stato capace di andare oltre le 10 righe per scrivere questa storia. Mi piacerebbe molto possedere, questo sì, il talento del raccontare. E ora, ricordo le parole di chi diceva che complicare è facile, semplificare è difficile, e non mi sembra di essere d'accordo.