giovedì 30 agosto 2007

quattro film in quattro giorni


Mi sarei aspettato un attacco frontale, nomi e cognomi, cifre. Mi sarei aspettato che puntasse il dito contro, in "Sicko", invece Michael Moore ha scelto di puntare sull'aspetto umano, del dolore e dell'ingiustizia. Ma la disperazione è qualcosa di incomunicabile.
Bellissime mi sono sembrate la sua ironia sui pregiudizi degli americani, e soprattutto quelle sue decisioni improvvise sull'onda di un'emozione, come quella di prendere e partire alla volta di Guantanamo e Cuba per inseguire le cure negate in patria.
Non capisco invece che pretese di oggettività si possano avere se si incensano a priori Hillary Clinton, la Francia e la Gran Bretagna.

Di "Quattro mesi tre settimane due giorni" mi è piaciuta la capacità di mantenere l'equilibrio e non cadere nelle ideologie, un'oggettività molto personale, un'inquadratura di una cena fissa per diversi minuti.

Un mondo lunare è quello che ho visto invece in "L'uomo senza passato", la storia di una dignità umile quasi fiabesca, che forse in realtà non è nient'altro che un sogno. E più dei dialoghi mi ha catturato poi la colonna sonora, imperturbabile rock finlandese..

Infine, "Ritorno a casa". E qui è solo la quotidianità, niente di più e niente di meno, al suo ritmo uniforme. In molte scene l'azione è dietro una finestra, una vetrina, una vetrata. Si vedono gesti e espressioni che stanno al di là ma si sentono i rumori del di qua, e questo mi ha incuriosito molto.

martedì 28 agosto 2007

post conviviale


Alla sagra "del" gnocco fritto c'era una sola bancarella di caramelle, isolata, e i due proprietari non si scambiavano parola. C'erano anche le bolle di sapone, e qualcuno le ha comprate e ha reiniziato a diventare bambino.
Alla sagra del tortello, invece, una folla oceanica in coda, spalla contro spalla, pigiati a tenere d'occhio le file vicine che avanzano più veloci. L'attesa è premiata con tortelli di zucca al pomodoro, con il lambrusco e la zuppa inglese per finire.
E' appena passato un weekend di tripudio di salumi, di orchestrine e di tavolate lunghissime. E scorrendo le liste dei menù, in dialetto, ho avuto per un attimo l'impressione di essere all'estero.

venerdì 24 agosto 2007

luoghi deserti


Da qualche tempo, andando in chiesa, ho deciso di chiedere soltanto di poter comprendere ciò che mi si vuole dire.
Questo perché, da ancora più tempo, non riesco a percepire nessuna voce nel silenzio delle mura ampie. E così, ogni strada mi sembra indifferente, o forse, meglio, sbagliata. Sbagliato restare seduto per interminabili attimi con la mente protesa, sbagliato alzarsi ed andarsene con i pensieri ancora intatti, sbagliata ogni cosa.

Così, ho pensato di non chiedere risposte alle mie domande: non riesco a sentirle, mi guardo attorno, mi vedo solo e non capisco. Forse dopotutto non importa avere una risposta, ho pensato, basta solo poter capire cosa mi si vuole dire. Stare in silenzio, fare silenzio per poter ascoltare. Ma è così difficile.

martedì 21 agosto 2007

cielo grigio


E pomeriggio di pioggia, lenta e incessante, da stare in casa ad ascoltarla, un divano e un film.

lunedì 13 agosto 2007

berlin I


E ora, nell’ambiente ovattato delle sale dell’aeroporto, aspettando di salire sull’aereo che mi riporterà in Italia, è scomparsa quella strana ansia che precedeva il ritorno.
Avevo già conosciuto quell’appartamento l’anno scorso, da ospite ogni tanto. Quest’anno l’ho ritrovato, vuoto, per una settimana intera. L’ho occupato e vissuto, le cene sul terrazzo, le teorie sul montaggio di una lampada, la bici in giro per la città, il sole e la pioggia.
E rientrare da solo poco prima di ripartire, pranzare e dare una sistemata nel silenzio, mi riusciva insopportabile. Mi scoprivo a fare ogni cosa in fretta, l’acqua alla gola anche se il tempo non mancava di certo. Avrei voluto essere già a casa.

Ora, seduto in un posto che si dice anonimo, non mi dispiacerebbe che il volo non arrivasse più, e stare a scrivere e ascoltare ancora.

domenica 5 agosto 2007

viaggio per posta


In una preziosa busta blu, un invito ad un matrimonio scritto in basco e spagnolo, mi ha fatto restare per tanto tempo con il sorriso sulle labbra..
E me lo fa ritornare ogni volta che ci penso: come sarebbe bello riuscire ad andarci!

mercoledì 1 agosto 2007

da non esperto...


...di cinema. Meno che mai di cinema francese. Meno che mai di Claude Chabrol.
All’inizio sembra fosse un perfezionista, sono parole sue, attento ad ogni dettaglio. Ma questo lo portava inevitabilmente ad accumulare ritardi, dubbi, e a poco a poco a restare imprigionato in preoccupazioni che finivano in definitiva per immobilizzarlo.
Così, un giorrno, la risoluzione di non permettere che “ossessioni” di questo genere prendessero il sopravvento su un’idea. La decisione di seguire fino in fondo un’ispirazione balenata all’improvviso, poco importa il sottobosco dei come, nella consapevolezza che l’opera con la O maiuscola, perfetta e appagante, non sarebbe in ogni caso mai potuta arrivare.
Quello che conta non era più creare un film, ma dare un senso alla propria opera vista nell’insieme, un po’ come Balzac e la sua Commedia Umana, in cui il singolo romanzo trova un significato come parte di tutta una ricerca, a volte un po’ informe o sfuocata, che si definisce facendosi. Di più, quello che conta non è nemmeno riuscire a dare vita a una prospettiva, ma l’averci provato, onestamente.

Sarà, ma personalmente continuo a preferire film più “pensati” e “finiti”, dove l’idea iniziale sedimenta, evolve e si cristallizza più lentamente, e una volta fissata in una pellicola continua a mutare comunque, nelle persone che la guardano nel tempo.
Riconosco che fa tutto un po’ parte della mia diffidenza verso gli autori-industrie, di libri o cinema o musica, e riconosco che non si contano le eccezioni, ma guardando La cérémonie o Le boucher non posso fare a meno di vederci talento diluito, e di rimanere con un’aspettativa insoddisfatta.