mercoledì 28 dicembre 2011

A corto di idee


gentile Prof. Sartori,

leggendo il suo editoriale apparso sul Corriere di ieri, mi sono fatto l'idea che siano stati omessi dei passaggi qua e là. Ammetto infatti di non riuscire a seguirla completamente, soprattutto quando il discorso si focalizza sui politici di professione.
Sono senz'altro d'accordo nell'affermare che la moltitudine che vive di politica e non sa fare altro rappresenta un intollerabile peso, ma le sue parole sembrano suggerire che la conseguenza inevitabile sia l'aumento della corruzione, e la soluzione sia di lasciare il privilegio della politica al benestante "politico gentiluomo". Con questa logica, l'ex Presidente del Consiglio, uomo molto ricco e a cui indubbiamente non manca un posto di lavoro nel mondo "reale", avrebbe dovuto essere uno specchio di buon governo e trasparenza.
Più oltre, mi sembra che osservi un legame fra il politico di professione nel Fascismo e la nascita delle lobbies di interessi economici, fra il sindacalista di professione e il sindacalismo oltranzista di questo Paese (come dire, se non ci fosse oltranzismo a tutti i costi non ci sarebbe più la poltrona assicurata). Cosa che in parte condivido, ma che si deve iscrivere in una questione più ampia (perché non si rendono pubblici i bilanci dei sindacati, oltre naturalmente i nomi dei finanziatori di partiti e fondazioni politiche?).
Venendo al suo ultimo paragrafo, chi dovrebbero essere le controforze che combattono lo strapotere della casta di politici? Chi è il politico non-di-professione? Forse la schiera di illustri avvocati e tributaristi che fiorisce lussureggiante in Parlamento, che ha già un lavoro ben avviato? Ma questi non rappresentano certo la soluzione, perché clamorosamente intenti a salvaguardare gli iniqui interessi della propria, di casta.

Non ho naturalmente una risposta, ma prenda il caso del consigliere Raphael Rossi intervistato da Report diversi mesi fa o quello recente del calciatore Farina, che non guadagna poco ma nemmeno le cifre dei grossi calibri di serie A: l'impermeabilità alla corruzione e l'attitudine all'onestà mi sembrano una caratteristica trasversale al censo, un modo di essere che deriva dall'educazione, soggettivo e personale.
Forse, dal loro punto di vista, la "stupidità" di D'Alema e Violante è stata geniale, perché ha consentito loro di mantenere il proprio status di politici di professione a tempo indeterminato. Catastrofica per il Paese, certo.

Grazie, le auguro buona giornata e buon lavoro,
Nicola Locatelli

lunedì 12 settembre 2011

senza dubbio


C’era una certa monotona uniformità nei destini degli uomini. Le nostre esistenze si svolgono secondo leggi antiche ed immutabili, secondo una loro cadenza uniforme e antica. I sogni non si avverano mai e non appena li vediamo spezzati, comprendiamo a un tratto che le gioie maggiori della nostra vita sono fuori della realtà. Non appena li vediamo spezzati, ci struggiamo di nostalgia per il tempo che fervevano in noi. La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranze e di nostalgie.
Mio marito morì a Roma nelle carceri di Regina Coeli, pochi mesi dopo che avevamo lasciato il paese. Davanti all’orrore della sua morte solitaria, davanti alle angosciose alternative che precedettero la sua morte, io mi chiedo se questo è accaduto a noi, a noi che compravamo gli aranci da Girò e andavamo a passeggio nella neve.
Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m’è sfuggito per sempre solo adesso lo so.

Natalia Ginzburg, Inverno in Abruzzo (da Le piccole virtù)

giovedì 25 agosto 2011

portfolio












lunedì 8 agosto 2011

"La ricetta Monti scuote e divide la politica"

Gentile On. Cicchitto,
in riferimento alle sue parole riportate oggi dal Corriere della Sera a commento dell'editoriale di Mario Monti pubblicato in precedenza sullo stesso quotidiano («Quando i tecnici decidono di scendere in politica, rischiano di dimenticare molte cose e anche di cambiare le carte in tavola»), mi permetto di osservare che le sue sono clamorosamente, se ancora ci fossero stati dei dubbi, pure parole di un politico.
Non le parole di chi desidera entrare nel merito, risolvere un problema, collaborare al bene comune. Soltanto le parole di chi non vuole mollare la presa sul potere che detiene e non desidera intrusioni nella propria sfera d'influenza.
L'intervento di Monti, ineccepibile in tutti i sensi, è il risultato dell'esasperazione di chi osserva ogni giorno la piccolezza dell'attività politica italiana, una pozzanghera in cui ci si dibatte miopemente per conservare i propri obsoleti privilegi.
Il malcostume e la corruzione che dilagano fra i membri delle istituzioni sono offensivi per tutta la comunità di chi deve e vuole lavorare onestamente per una società più giusta, e il vostro risentimento nei confronti di giornalisti come Rizzo, Stella, Travaglio e altri è a mio parere soltanto una prova della malafede nell'amministrazione della cosa pubblica.
Non si tratta di populismo o demagogia, come spesso la classe politica ama ripetere. Semplicemente, essa è troppo compromessa e inquinata al suo interno, e deve farsi da parte per permettere ad aria nuova di circolare nelle stanze di governo.
Cordialmente,
Nicola Locatelli

mercoledì 27 aprile 2011

al secondo piano

Ci sono ospiti a cena, non miei, e dato che questa sera devo correggere delle bozze, mi chiudo in camera con le cuffie.
Non c'è niente di più distraente della voce umana, se bisogna essere concentrati su qualcosa, perché la mente si appiccica alle parole ed è portata a seguirle anche se non si vuole, con il risultato di un inevitabile oscillare fra concentrazione e deviazione, ritorno alla concentrazione e nuova caduta nella scia dei discorsi.
Nelle cuffie, metto a volume alto un pianista, per coprire ogni rumore e darmi la sensazione di essere solo.
Mi accorgo allora, in sottofondo, che il pianista sta accompagnandosi con la voce, molto lieve per la verità, e mentre suona le note dello strumento hanno un contrappunto nel suo solfeggio improvvisato, la voce di una persona mentre canticchiava quarant'anni fa. Così, naturalmente mi sono distratto ascoltandolo, e prima di riprendere ho pensato di scriverlo.

mercoledì 16 marzo 2011

pop


Slab ed Esther se ne stavano davanti a un cavalletto da pittore, nello studio di lui, a osservare il Cheese Danish n. 35, sentendosi reciprocamente a disagio. Il Cheese Danish era una mania recente di Slab. Da un po' di tempo aveva preso l'abitudine di dipingere, come in preda a furore creativo, questi dolci snack mattutini, in tutti gli stili, in tutte le condizioni di luce e di ambiente possibili e immaginabili. La stanza era già disseminata di Cheese Danish cubisti, fauve e surrealisti. "Monet ha trascorso l'autunno della vita nella sua casa di Giverny, dipingendo le ninfee dello stagno del suo giardino giapponese" sostenne Slab. "Dipingeva ninfee di ogni tipo. Gli piacevano le ninfee. Ora anch'io sono nell'autunno della mia vita. Mi piacciono i Cheese Danish, mi hanno nutrito più a lungo di quanto riesca a ricordarmi. E così li dipingo. Perché no?"

Non capisco da dove venga il rumore martellante, per la verità molto ovattato, che sento provenire dalla strada, dal soffitto, dai vicini, forse anche dalla tromba delle scale.
Riempirò semplicemente il mio bicchiere, e lascerò che la serata sfumi nell'indistinto.