domenica 10 maggio 2009

senza troppa convinzione


Ancora una mostra di fotogiornalismo, fotoreportage, documenti di guerra e di storia... basta.
Questa la mia prima reazione di fronte allo striscione verticale che da lontano si faceva sempre più nitido: Questa è la guerra. Robert Capa al lavoro. In contemporanea, Gerda Taro: un fotografo giapponese o una fotografa tedesca?

Vinco lo scetticismo ed entro, per scoprire dopo poco la storia di due pseudonimi, insieme alle loro fotografie con i repubblicani nella guerra civile spagnola. Lui usava il formato rettangolare, lei quello quadrato.
Lui aveva soltanto 22 anni quando aveva scattato la sua foto più famosa, il miliziano colpito a morte da una pallottola nemica. Lei moriva durante una ritirata. Lui continuava a viaggiare in tutti i teatri di guerra, e inviare le fotografie ai giornali.
Mi sono emozionato guardando i suoi appunti per le didascalie delle foto, scritti in un miscuglio di lingue, gli originali delle lettere dal fronte scritte ai propri famigliari, la storia di una valigia di rullini che scompare a Parigi e ricompare in Messico e viene restituita agli eredi da un regista onesto.

Guardando le fotografie e le loro date, mi sono chiesto chi fra quelle persone potesse essere ancora vivo, e ho fissato negli occhi molta gente che ora è morta, e che ha vissuto senza sapere che io l'avrei rivista molto tempo dopo, facendomi domande a cui solo loro avrebbero potuto rispondere.

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