giovedì 18 marzo 2010

considerazioni di carattere bottegaio


Che La nube purpurea, pubblicata nel 1901, sia un capolavoro, continuamente più riuscito e trascendente di un qualsiasi romanzo di Émile Zola ‒ per nominare a caso un grande famoso sull'orlo del secolo ‒ sembra non solo accertabile in sede di lettura, ma anche dimostrabile in sede critica. Se si paragonano gli argomenti profferti, nel romanzo di Zola troveremo probabilmente una famiglia torbida, un padre ubriaco, una figlia prostituta, la differita constatazione che i poveri sono poveri, che gli avari sono avari e che i parigini abitano a Parigi: se a un tratto apparissero tra i personaggi un egizio, o semplicemente un pesce volante, ho l'impressione che il romanzo barcollerebbe, a dimostrare la fragilità della sua struttura.
J. Rodolfo Wilcock

Man mano che il tempo passa, sembra che ne approfitti per erodere i margini dei ricordi, smussare tutte le asperità e trasformarli in forme ormai tutte uguali, banali, scontate. Per comodità o forse poca memoria, spariscono a poco a poco tutte le sfumature che ho riconosciuto nelle cose la prima volta che le ho incontrate, e rimane soltanto un nome e una vaga impressione, simile a tante altre.
Ci vuole veramente fatica e impegno per mantenere, conservare di ognuna la diversità, la meraviglia e l'entusiasmo che ha suscitato, in tutti i suoi dettagli. Non è vero che "quello che non si può dire in poche parole non lo si può dire neanche in molte".

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