giovedì 13 novembre 2008

autobiografia di P.V.


[...] Con mio grande stupore mi trovo ad assumere figura e rango di poeta. Cerco di combinare le mie idee sulla poesia, le mie idee generali e i miei istinti musicali. [...] Il resto è noto. Frequento abbastanza i salotti, e sono considerato qualcuno a cui piace farlo. L'imprevisto mi ha sempre guidato. Non ho mai domandato niente - né perseguito niente di esterno - a me stesso. Ed ho raramente rifiutato. Possiedo una volontà abbastanza forte per le cose della mente. - Nessuna per le cose della vita. Non amo il facile. - E temo il difficile. Devo tutto ai miei amici. Il mio ingresso in letteratura a Louys, l'Accademia a Hanotaux e a qualche altro. Le mie opere a delle circostanze, e a degli editori.

Questa la fine di un'altra autobiografia, che per caso ho trovato in casa e ho letto. Altre due frasi mi hanno colpito, e il fatto di trovarle presenti nella stessa persona mi affascina.
Questa autobiografia parla di una notte in cui si rinasce, del desiderio di tendere soltanto all'esattezza spirituale e soprattutto di poesia.

Ricordo che per difendermi da una noia mortale, mi esercitavo durante le marce o le ore di guardia, a immaginare, con tutte le mie forze, scene o paesaggi, stati d'animo completamente diversi, è così precisamente che riuscivo a farmi una seconda vita per mascherare quella insopportabile realtà.
[...]
E faccio il mio 18 brumaio intimo - che si conclude con l'avvento di M. Teste. Ciò vuol dire che prendo la decisione di pensare in modo rigoroso - di non credere, di considerare nullo e non avvenuto tutto ciò che non può essere portato alla precisione totale, ecc...

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