C'è un esempio che faccio sempre, della differenza tra bere un bicchiere d'acqua da un bicchiere di carta o da un bicchiere di cristallo.
C'è un rapporto, tra il modo di bere da un bicchiere di carta o un bicchiere di cristallo, assolutamente diverso.
Penso che se si beve dal bicchiere di cristallo − perché è più pesante, più fragile, e devi quindi rispettare questa fragilità tenendolo in mano in un'altra maniera, perché quando lo avvicini alle labbra non ha sapori che corrompono il sapore dell'acqua, e così via − nascono un'infinità di piccole emozioni sensoriali, per cui quando bevi dal bicchiere di cristallo sai che stai bevendo, perché l'oggetto ti spinge a sapere che esisti. Quando bevi da un bicchiere di carta, bevi in fretta e butti via il bicchiere: la tua vita non è esistita in quel momento. La consumi senza sapere che la stai consumando.
Mi sono sempre preoccupato di questo non sapere che si sta vivendo. Mi interessa molto sapere che sto vivendo, drammaticamente vivendo.
Ettore Sottsass
Il tempo, com'è naturale, di minuto in minuto progrediva.
Il suono regolare e sordo delle campane in una sera buia e fredda d'autunno mi fa sollevare gli occhi, e penso a nient'altro che al suono familiare delle campane, che ho spesso avuto vicine, e al silenzio che si crea dappertutto mentre loro suonano, un po' solenni, puntuali e precise a ricordare qualcosa.
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