sabato 20 gennaio 2007

il sergente nella neve







Ho letto Il sergente nella neve più per caso che cercandolo. Incuriosito dal suo successo, volevo Stagioni, l’ultimo libro di Mario Rigoni Stern, e invece ho trovato il primo, scritto fra il ’44 e il ’47 e pubblicato sei anni dopo.

E’ il racconto di un uomo semplice, di migliaia di chilometri a piedi nella neve per sfuggire all’avanzata dell’armata rossa, nel gennaio del 1943. Ho ancora davanti agli occhi l’immagine di un soldato che cede, si lascia cadere nella notte sulla neve, e immobile guarda gli altri che continuano a camminare silenziosi sotto le stelle.

La morte, la fatica, la sofferenza sono incomunicabili, ma quelle pagine le ha scritte un’anima che non si è indurita, che è riuscita a non dimenticare. Credo che una parte dell’anima di Rigoni sia morta in quella steppa, e che l’umanità e l’incomprensibilità del dolore abbiano lasciato cicatrici profonde in ciò che si è salvato. Eppure, da quelle cicatrici gelate ha saputo nascere l’autenticità di un uomo.

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