
Mi sarei aspettato un attacco frontale, nomi e cognomi, cifre. Mi sarei aspettato che puntasse il dito contro, in "Sicko", invece Michael Moore ha scelto di puntare sull'aspetto umano, del dolore e dell'ingiustizia. Ma la disperazione è qualcosa di incomunicabile.
Bellissime mi sono sembrate la sua ironia sui pregiudizi degli americani, e soprattutto quelle sue decisioni improvvise sull'onda di un'emozione, come quella di prendere e partire alla volta di Guantanamo e Cuba per inseguire le cure negate in patria.
Non capisco invece che pretese di oggettività si possano avere se si incensano a priori Hillary Clinton, la Francia e la Gran Bretagna.
Di "Quattro mesi tre settimane due giorni" mi è piaciuta la capacità di mantenere l'equilibrio e non cadere nelle ideologie, un'oggettività molto personale, un'inquadratura di una cena fissa per diversi minuti.
Un mondo lunare è quello che ho visto invece in "L'uomo senza passato", la storia di una dignità umile quasi fiabesca, che forse in realtà non è nient'altro che un sogno. E più dei dialoghi mi ha catturato poi la colonna sonora, imperturbabile rock finlandese..
Infine, "Ritorno a casa". E qui è solo la quotidianità, niente di più e niente di meno, al suo ritmo uniforme. In molte scene l'azione è dietro una finestra, una vetrina, una vetrata. Si vedono gesti e espressioni che stanno al di là ma si sentono i rumori del di qua, e questo mi ha incuriosito molto.