mercoledì 28 febbraio 2007
the voice
Regrets, I've had a few, but then again, too few to mention..
Yes there were times, I'm sure you knew, when I bit off, more than I could chew
But through it all, when there was doubt, I ate it up, and spit it out
I faced it all, and I stood tall, and did it my way
Il tutto trascritto in diretta, un solo piccolo aiuto..
Chissà poi perchè era lui "The Voice", non riesco a trovare qualcosa di veramente speciale nella sua voce, nella sua voce in sè. Resterò con questo dubbio, ora esco a cantare sotto la pioggia.
domenica 25 febbraio 2007
cinematograficamente parlando ...
... settimana pesante. Anche se non tragica.
Professione: Reporter, nella tradizione di Antonioni, si conferma indigesto e a tratti soporifero, anche se non c’è paragone rispetto a mattoni autentici come L’eclisse. Sono sempre più convinto che l’unità di misura della sua idea di cinema sia la singola scena, il creare un’inquadratura e una situazione che rendano su uno schermo la sua idea di esistenza, fatta essenzialmente di lontananza da se stessi. Tutto questo però lo vedo pensato appunto per ogni scena a sé, singolarmente, e creare un racconto in questo modo a volte è difficile..
Belli i paesaggi del deserto, della Spagna assolata e le inquadrature di Barcellona con i tetti di Gaudì, e bella Maria Schneider.
Poi è venuto il turno di Teorema, di PPP. E anche qui, ero preparato.
Uno sconosciuto fa visita per qualche giorno ad una famiglia della tipica borghese milanese, finendo per avere rapporti con tutti. Dopo la sua partenza, nessuno ritornerà ad essere quello che era, nessuno ritroverà una pace.
Qui ancora di più, non ci sono personaggi, solo dei puri concetti che “recitano”, ed è questo che rende il film, un qualsiasi film forse, pesante. Cioè asettico, concettoso, affrontabile solo dopo un faticoso esercizio di vittoria su se stessi.. O almeno, a me fa questo effetto.
C’è un però. Il però sono le parole che dice un personaggio all’ospite in partenza, gli dice che non si deve illudere che per la famiglia potrà ritornare tutto come prima, perché dopo aver conosciuto lui nulla potrà più esserlo. PPP dice che voleva dimostrare “l’incapacità dell’uomo moderno di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il verbo sacro”, come dire a Dio che non è così semplice arrivare un giorno, darci la possibilità di conoscerlo e poi andarsene. O almeno, a me così pare.
Io credo che per una volta, soltanto un po’, accanto alla sua asfissiante ideologia politica di classi, PPP parli anche dell’uomo più in generale, della sua condizione in quanto uomo, non solo in quanto borghese. Ma forse mi sbaglio.
Incrociamo le dita per quello che arriverà..
giovedì 22 febbraio 2007
grande Michele Serra!
Invece no: questi duri e puri se ne strafottono della nostra confusione e della nostra fatica. Prima salgono sulla barca della maggioranza, poi tirano fuori dal taschino il loro cavaturaccioli tutto d'oro e fanno un bel buco nello scafo, per meglio onorare la loro suprema coerenza e la nostra suprema imbecillità. Un bell'applauso ai Cavalieri dell'Ideale: tanto, se tornano Berlusconi e Calderoli, per loro cosa cambia? Rimarranno sul loro cavallo bianco con la chioma al vento.
Ps: come ciliegina oggi uno che fa il ministro e di cognome Nicolais ha firmato la circolare che elimina il tetto ai compensi per le "star" della Rai di 272 mila euro, previsto dalla finanziaria: vai, finalmente Sanremo è salvo, Baudo e la Hunziker possono dormire sonni tranquilli. Un bell'applauso anche a lui. Scusate la nuova parentesi.
domenica 18 febbraio 2007
portici e penombra
Bologna è paesaggio terrestre.
In un’altra città avresti un fiume, un mare, un monte da prendere come punto di riferimento; cioè un elemento naturale che affiora nel reticolato dei palazzi umani, che li ha preceduti e con cui questi hanno dovuto fare i conti. Una sorta di presenza immobile e garante, che indirizza e dà un senso alle direzioni.
Quando cammini a Bologna ti muovi su un piano indefinito, dove una direzione vale l’altra, perché intorno c’è solo piatta terra e lunghi portici in ogni direzione. Si entra in un passaggio laterale e si scende qualche gradino, si attraversano cortili interni e complessi di palazzi, si sale e si riscende e si sbuca sotto gli archi di un’altra piazza.
Ho visto Bologna città di penombre, di carne e sangue, del colore dei suoi mattoni.
giovedì 15 febbraio 2007
pensieri casuali
A distanza di tempo, ho ascoltato una canzone:
Ricordi, sbocciavan le viole
con le nostre parole,
“non ci lasceremo mai,
mai, e poi mai”.
Vorrei dirti ora le stesse cose,
ma come fan presto amore
ad appassire le rose,
così per noi
l’amore che strappa i capelli
è perduto ormai,
non resta che qualche svogliata carezza,
e un po’ di tenerezza.
Sarà strano, ma la melodia è triste a prescindere dalle parole, forse per quella tromba dominante, forse per le parole un po’ gridate un po’ sussurrate con delicatezza. Ricordo che la nostalgia non dipende dal rivivere con la memoria una sensazione già provata un giorno, ma si può essere nostalgici anche di qualcosa che non si ha mai provato.
domenica 11 febbraio 2007
parentesi
dal Programma dell’Unione, pag. 72
Difficile immaginare un capolavoro di vaghezza più approssimativo, ma almeno sta scritto che qualcosa si proporrà. Effettivamente qualcosa è stato proposto, ciò è incontestabile.
Ma da applausi sono le reazioni dei bimbi che siedono nel cosiddetto Parlamento: Clemente non è contento se non fa la mina vagante e non si mette di traverso ai suoi amichetti, Vladimir fa i capricci perché vuole tutti i regali che gli avevano promesso, Pier Ferdy dice che gli hanno detto che così non si fa, Silvio non ha capito cosa sta succedendo e nel dubbio si mette a strillare.
Piccole pesti.. se è vero che ognuno ha i bimbi che si merita, siamo messi peggio del previsto.
sabato 10 febbraio 2007
leggerezza
Leggerezza è quel torpore della mente e del corpo che ti abbraccia e ti fa stare bene.. ti fa dimenticare per un momento le cose da fare, le scadenze da non perdere, le risposte che non arrivano, le pagine che vanno lette, le raccomandazioni che vanno assecondate.. leggerezza è allontanarsi e fare altro..
domenica 4 febbraio 2007
un mese e un giorno
Ecco, ciò che sentirebbe sarebbe più o meno quello che leggo ora, in una lettera di un mese e un giorno fa. Come possono essere lunghi e distanti a volte pochi giorni! Io ad esempio non ricordo cosa stessi facendo allora.
A te che hai scritto, e che magari ora stai leggendo, non pensare che abbia tradito il tuo desiderio di segreta solitudine. Quando sei stato male, non c’è stato rifugio che ti potesse dare una sensazione di sicurezza, e se hai scritto una lettera forse volevi che qualcuno sapesse. Forse.
Ehi, ci siamo sentiti da poco al telefono, ho visto anche che ci siamo stati 40 minuti, non me ne ero reso conto. E’ strano, ma dopo aver messo giù mi sono sentito male, mi sono sdraiato in terra in camera a pensare, e non potevo fare a meno di chiedermi cosa ci facevo lì, cosa sto sbagliando. E ci sono rimasto tanto tempo, anche qui non mi sono reso conto.
Cosa sto sbagliando? A volte ho veramente l’impressione che tutto e tutti mi stiano passando a fianco veloci, e io fermo a guardare. Mi sento un inadatto a vivere. Mi sento debole. Vorrei andare in un posto dove nessuno mi vede, mi osserva, e invece sento come lo sguardo di tutti su di me.
Cosa sto sbagliando? Perché ogni volta che dico qualcosa poi ho subito l’impressione di averlo detto male? Di aver fatto un errore?
Sono mesi che chiedo a Dio di mostrarmi la mia strada, ma nessuno mi risponde.
Eppure io non mi sono mai tirato indietro di fronte alla sofferenza, ma forse credevo solo che lo fosse, e in realtà non era niente. Forse solo adesso sto soffrendo, e mi rendo conto di cosa sia.
Sto male e nessuno mi può dare una mano. Sono terrorizzato da un futuro che non ho. Che sento già qui.
Non so se ti manderò questa mail, perché è più delirante che altro, so solo che sono stanco di piangere, di essere insicuro, di non combinare nulla nella mia vita. Sono stanco e non so da che parte voltarmi.
Vorrei svegliarmi domattina e capire che questo era un sogno, un brutto sogno.
venerdì 2 febbraio 2007
interiors
A pensarci bene, è un mondo in bilico con l’insoddisfazione, un fascino che non mi impedirebbe di star male, a volte.
Già, perché questo è il primo film “drammatico” di Woody, e anche il primo in cui non compare come attore; si legge spesso questo nelle recensioni, ma in fondo che senso ha per lui una distinzione fra “commedia comica”, “commedia ricercata” e “dramma”? Non conosco un suo film in cui non si rida, e nessuno in cui non ci sia una disperazione nascosta nel profondo. Quello che importa è l’intreccio fra i sentimenti, l’arte, le esistenze e la loro incomunicabilità. E come tutto questo diventi reale.
Ecco, nonostante l’ombra di questa disperazione sia lì dietro l’angolo, e sia in tutti i personaggi, il mio più grande desiderio è vivere in una pellicola di Woody Allen.